ERIKSEN: ANALISI DELLA RINASCITA


Christian Eriksen un anno dopo. Partiamo dall'inizio, dall'arrivo a Milano nel mercato invernale del gennaio 2020. L'Inter è in corsa per lo scudetto e Conte al primo anno neroazzurro, chiede a Marotta di rinforzare la squadra per il rush finale. Il tecnico sarà accontentato in parte, perché la richiesta al DS è l'acquisto di un altro tipo di centrocampista rispetto al danese, Vidal, che arriva solamente nell'estate 2020 e toglie lo spazio al 24 danese, che vede contro di lui sia il tecnico interista, appagato dall'acquisto del suo pupillo, sia la dirigenza, che a gennaio sa già che dovrà essere brava a cederlo. Poi però le cose non andate proprio così, qualcosa è cambiato e oggi vogliamo analizzare la rinascita di un ragazzo perbene che ha migliorato il gioco di una squadra e ha migliorato le proprie doti per poter davvero vincere qualcosa in nerazzurro.

DA GENNAIO A GENNAIO: NOTTE FONDA

Inizia a Gennaio 2020, come è gia stato scritto, l'avventura di Christian Eriksen all'Inter; il danese era in scadenza di contratto con il Tottenham e una vecchia volpe nerazzurra, Jose Mourinho, porta le sue idee e i suoi metodi in casa Spurs, non potendo conciliare il concetto di solidità e di mentalità vincente con l'arte applicata al calcio di Eriksen, che così approda alla corte di un altro sergente di ferro, Antonio Conte, al primo anno in quel di Appiano Gentile. Il danese arriva in Italia per poco meno di 30 milioni di euro, un ''colpaccio'' dato il valore totale che si aggira attorno ai 90 milioni di euro. L'inizio è difficoltoso, il calcio italiano molto più tattico rispetto alla Premier crea inizialmente confusione nel modo di giocare di Eriksen, che fa fatica a trovare spazio nelle gerarchie di Conte. Se poi consideriamo anche le caratteristiche del trequartista danese e il modo di giocare dell'Inter capiamo il perché dello scarso utilizzo del giocatore; il mitologico 3-5-2 di Conte non prevede il trequartista e questo è un problema per tutti, da qui capiamo la richiesta del tecnico leccese di acquistare Vidal che può ricoprire più ruoli e si adatta meglio al tipo di gioco da lui richiesto. Un matrimonio elegante e ben visto si trasforma nel dramma peggiore che Stephen King potesse battere a macchina, per la società, per il giocatore e per i tifosi nerazzurri. La piazza reclama Eriksen in campo, il danese deve giocare titolare e agli occhi dei tifosi stessi può essere l'elemento che può far saltare il banco, l'unico cambio capace di fare la differenza, ma per Conte rimane poco funzionale, in difficoltà dal punto di vista lessicale e, cosa più importante, calcistico. 

Ed ecco che arrivano una serie di panchine e di esclusioni dai match importanti, condite da numerose frecciatine dell'agente di Eriksen a Conte e all'Inter, sia nell'ultimo periodo del 2020, arrivato ad agosto, con la finale di Europa League persa contro il Siviglia e le polemiche tra allenatore e dirigenza, sia ad inizio stagione attuale. Il mercato invernale rappresenta la giusta occasione per porre la parola fine ad un connubio mai sbocciato in amore, Eriksen in campo è palesemente sottotono, anche somaticamente appare quasi esausto di tutto questo, non ha mai sentito la giusta considerazione ed è pronto a chiudere per sempre la parentesi italiana. Il tecnico leccese parla di problemi di adattamento, "Christian è un buono", quasi come voler a dire, i buoni non possono giocare a calcio perché è uno sport per cattivi. Eriksen è corretto e forse anche buono e questi, da valori che aggiungono prestigio ad un campione umile che ha sposato la causa nerazzurra si trasformano in punti deboli, vulnera irrimediabili che hanno portato lo stesso Conte a cambiare modulo, per poi tornare sui suoi passi e demonizzare l'idea del trequartista. E poi succede..? Che succede?  Dov'è Bugo?

IL NUOVO MONDO; IL DANESE INSOSTITUIBILE

Bugo è qua! L'abbiamo trovato! Eriksen viene più volte schierato mediano di centrocampo con risultati soddisfacenti, quasi impensabili. Da questo esperimento parte la rincorsa verso la conquista di una maglia da titolare. Spesso e volentieri attualmente ricopre il ruolo di vertice basso o di mezz'ala con risultati eccellenti, il modulo è sempre quello 3-5-2 ma stavolta l'Inter è prima con un notevole gap di distanza dalla Juventus. La prima occasione che Conte regala ad Eriksen è quella contro la Fiorentina, in Coppa Italia; il danese viene scelto come mediano, al posto dell'insostituibile Brozovic; è un primo segnale di riavvicinamento che il calciatore ripaga con prestazioni sempre più convincenti e che lo portano a togliere il posto proprio ad Arturo Vidal. Le statistiche possono venirci incontro per poter toccare con mano il cambiamento in mezzo al campo del talento interista.


Proprio nel match di Coppa Italia tocca il massimo stagionale di palloni intercettati e ed eguaglia il numero di palle contese vinte; è l'inizio di una nuova era in casa Inter. E la cosa riguarda lo stesso Conte, perché se è vero che il classe 1992 si è dovuto abituare a questo tipo di football, più da bottega e meno accademico, è altresì vero che anche il tecnico è uscito dal guscio delle sue vecchie certezze e ha scommesso su una variazione, in principio mal calibrata, poi aggiustata, che sta dando risultati molto positivi, togliendo un giocatore muscolare (Vidal) e dando spazio ad una reinterpretazione del ruolo da parte di Eriksen, che è venuto incontro ai bisogni collettivi ma ha aggiunto qualità e tempi di gioco, doti che in rosa nessuno ha come lui. Certo, dal punto di vista realizzativo si segnala solo il tracciante che permette all'Inter di andare avanti contro il Milan, sempre in Coppa Italia, che però ha dato il via ad una nuova vita per il danese. Lo step successivo, contro il Benevento, è la conferma di una rinascita a tutti gli effetti; il danese diventa sempre più centrale nel progetto-Inter, si trasforma in giocatore "per Conte", come dimostrano le statistiche perfette nei duelli vinti in attacco e nei dribbling, confermando sempre le proprie doti balistiche

Ma se due gare sono poche per considerare la crescita di un calciatore, è pur vero che "tre indizi fanno una prova"; e che prova, possiamo aggiungere. A San Siro, in un derby-Scudetto diventato nuovamente crocevia per il campionato, l'Inter spezza il Milan 3-0 con una strategia tattica  azzeccata del proprio tecnico (coadiuvato dalla Lu-La e da errori marchiani dei rossoneri di Pioli). Nel momento cruciale, però, Eriksen risponde presente e trova a tutti gli effetti la certezza del posto da titolare; schierato mezz'ala sinistra, conferma la sua evoluzione in centrocampista bifronte (ripropone le percentuali da urlo per dribbling e duelli nella metà campo avversaria), è decisivo in uno dei gol dei nerazzurri, scaricando il pallone verso Perisic (che metterà in porta Lautaro Martinez). Un'altra immagine può esserci utile per capire l'importanza di Christian Eriksen nella stagione attuale della squadra al momento capolista, e viene proprio dall'ultimo derby di Milano.

Questo è il numero di azioni (difensive ed offensive) nelle quali Eriksen è entrato in gioco; considerando che la manovra interista si muove prettamente nella zona destra del campo e nel triangolo magico Hakimi-Barella-Lukaku, come dimostra il 39% dello sviluppo di gioco nerazzurro, ecco che Conte si trova il famoso "piano b" in casa. Perché un giocatore come Eriksen offre soluzioni diversi, garantendo (come sta facendo da quella gara a Firenze) copertura e intensità, ma variando le modalità d'attacco alla porta avversaria, alternando il palleggio al lancio lungo e facendosi trovare presente nella fase offensiva. Questo è un fattore decisivo non solo per il tecnico e per il danese ma anche per i compagni, che ora riconoscono in lui un perno della mediana e possono sentirsi "al sicuro" se la palla tra i piedi ce l'ha il 24. Sembra passato tanto tanto tempo da quel 5 dicembre e da quei 6 minuti giocati contro il Bologna, in realtà sono bastati novanta giorni per incidere, finalmente, in maniera determinante nei novanta minuti di ogni gara dell'Inter, come l'ultimo incontro contro il Genoa, che recita: 94% accuracy (precisione nei passaggi corti), 3 passaggi chiave, 50% precisione nei lanci lunghi, 7 palle contese e vinte. I numeri spiegano, ma foto come questa qui sotto vale tante parole.

I MERITI: CONTE HA USATO LA TESTA, ERIKSEN IL CUORE


Gran parte dei meriti di questa rinascita, analizzata nei numeri e nelle prestazioni, non può che andare al diretto interessato; ad Eriksen va riconosciuto, al netto delle posizioni avverse all'inizio della sua avventura milanese, di aver sempre gettato il cuore oltre l'ostacolo, soprattutto in questo ultimo periodo positivo, perché non si è adagiato sui suoi punti di forza ma è voluto diventare a sua volta un valore aggiunto per la sua squadra, dimostrando attaccamento professionale ed umano che lo caratterizzano da sempre, dall'Ajax fino all'Inter. Certo è che, se il danese ha dimostrato rabbia e voglia di rispondere alle critiche subite, lo stesso Conte è stato protagonista di un percorso (e non a caso usiamo questa parola, abusata dallo stesso mister ad inizio stagione) che lo ha portato a scegliere con la testa e non con la pancia, cercando cioè di scegliere il vestito adatto alla squadra, non quello ideale; in definitiva, togliendo la (troppa) quantità e aggiungendo (molta) qualità, scegliendo l'epurato ex Tottenham per il neo acquisto Vidal. Vero, non è stato facile il progressivo avvicinamento tra il burbero allenatore nerazzurro e Christian, non è stato somatizzato subito dallo stesso Conte, ma per il bene di un collettivo e, cosa più importante, per vincere qualcosa una squadra deve passare anche da questo. Ora il tecnico leccese stravede per Eriksen, ammette che qualcosa è scattato nella testa più che nelle gambe del calciatore, che nel frattempo ha ritrovato fiducia e nelle interviste "abbozza" l'italiano. Sembrava finito Eriksen quel 5 dicembre 2020 contro il Bologna, ferito mortalmente; è rinato e risplende nella nuova Inter, che ha dato alla luce un giocatore sempre più importante.










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