GLI DEI NON SI TOCCANO



"I doni degli dei nessuno può sceglierseli" chi meglio di Omero può dare la sintesi ideale di ciò che accadeva alle altitudini maestose dell'Olimpo, dove gli dei greci, indaffarati e celesti, vivevano travestiti, per meglio dire dipinti, da essere umani, con le loro doti, le loro virtù ma anche con i loro difetti. L'attualità calcistica ha portato alla luce diversi "semi-dei", ultimi dei quali tali Kylian Mbappè ed Erling-Braut Haaland; giocatori che hanno dimostrato di essere fenomeni, talenti cristallini del presente e del futuro di questo sport. Ma se è vero che il Calcio ha i propri numeri uno, i migliori in assoluto, allora dobbiamo ribadire, ancora una volta, chi, in questo ventennio, ha riscritto la Storia mondiale col pallone tra i piedi, perchè nonostante tutto, gli dei rimangono loro, il 7 della Juventus e il 10 del Barçelona: Cristiano Ronaldo e Lionel Messi.


CRISTIANO RONALDO: L'ARTE DELLA GUERRA

"Si vis pacem, para bellum"; in arte Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro (per gentile concessione di Vegezio), 365 giorni l'anno, 24 ore su 24, ogni secondo della sua immensa carriera. La vita calcistica del fuoriclasse portoghese, dalla genesi a Funchal fino all'ultimo assolo contro il Crotone, può essere paragonata alle gesta di Ares, Dio della Guerra. Già, perchè Cristiano la guerra l'ha dovuta fare fuori e dentro, ha dovuto combattere da giovane per poter vivere e ha dovuto combattere in campo, per dimostrare la propria forza. CR7 vuole essere ricordato come il miglior giocatore del suo periodo e ha lavorato sempre in funzione di questa aspirazione. La vera forza di Ares è quella di poter controllare le guerre e, soprattutto, la sete di sangue che lo tormentava in ogni momento; non voleva vincere, voleva dominare ogni cosa, ogni persona, ogni momento. Non possiamo dimostrare una discendenza fisica tra la divinità ellenica e il numero sette più vincente del calcio, sicuramente possiamo distinguere e stigmatizzare i tratti in comune, proprio nella mentalità "animale" (o meglio divina) che li unisce. Cristiano Ronaldo è la voglia di vincere, la rabbia agonistica, il fuoco negli occhi di chi, dopo un gol, ne vuole segnare un altro; queste sono doti extra-ordinarie che nessuno, letteralmente, è riuscito ad eguagliare. Basti pensare che ha da poco stabilito il record (ennesimo) di stagioni con 25 o più gol (17) per capire cosa questo giovanotto vuol portare con sè, una volta raggiunto il ritiro. Quando da giovane ha scommesso su se stesso, firmando per il Manchester United, chiunque avrebbe potuto descriverlo come un talento genuino, con grandi doti tecniche, nessuno però avrebbe mai immaginato cosa sarebbe diventato nel tempo; dal Pallone d'Oro del 2008 Cristiano Ronaldo diventa leggenda eleva il suo gioco, trasforma la letteratura (sua e del club che lo acquista, il Real Madrid) e raggiunge l'epica. Intendiamoci, signori, qualsiasi altro giocatore, dopo i primi anni in Blancos, avrebbe perso anche la voglia di raggiungere le vette dell'Olimpo, avrebbe gettato la spugna; lui no. CR7, in quei 9 anni, dimostra a tutti di poter competere contro il Destino, di poter incutere timore solamente con la sua presenza a qualsiasi giocatore e, oltre all'Arte della Guerra, espone il suo personale Cantico delle Creature, con gol stupendi, dribbling ubriacanti, saette illuminanti. Come questa qui sotto.

Proprio la Juventus nel 2018 lo acquista e lo istituisce (giustamente) a vessillo di battaglie europee e italiane, ne fa tesoro senza però poter competere per la Champions League; ma la sua forza rimane tale, anche se dalla sua non ha un manipolo di grandissimi giocatori. Non ascoltate chi ne canta il declino, non prestate orecchio a chi scommette sul suo tramonto, sarebbe assurdo pensare che un calciatore come lui sia finito; Cristiano Ronaldo non è umano, Cristiano Ronaldo non è esauribile. Anche perchè, nonostante le delusioni di Coppa, le sue schegge, i suoi dardi, i suoi missili li ha saputi tirare anche a Torino. La mentalità vincente ha pervaso l'ambiente dell'Allianz Stadium nella notte, forse, più bella della sua ultima squadra; la rimonta contro l'Atletico Madrid.
"Quando muovi, sii rapido come il vento, maestoso come la foresta, avido come il fuoco, incrollabile come la montagna"; se Sun Tzu avesse avuto l'opportunità di vedere la tripletta di CR7 contro i Colchoneros sarebbe stato commosso, sollevato, per non dire festoso. L'elogio della battaglia, il manifesto della forza di un uomo-Dio della Guerra. In poche parole, Cristiano Ronaldo. Nei due anni successivi ha dato il meglio, sempre e comunque e ogni tanto occorre rimembrare ciò che rende divino il divino, ciò che rende Dio un calciatore, ciò che rende imperituro un semplice gesto. La differenza sta nello svolgimento, nella preparazione, nell'ambiente e anche oggi, nonostante i 36 anni, il numero sette per eccellenza rimane un mostro sacro di questo sport. 

LIONEL MESSI: POESIA IN MOVIMENTO

"La pittura è una poesia muta, la poesia è una pittura cieca", firmato Leonardo Da Vinci. Solo un Genio può realizzare un aforisma del genere, solo Leo Messi può interpretarlo nel Calcio, sia per la parola poesia, mai così azzeccata come nel suo caso, sia per quell'assenza di senso, di parole, quel vuoto assurdo che ha costellato non solo la sua carriera ma in generale la sua esistenza. Il talento di Rosario ha semplicemente esposto il suo io, pregi e difetti, nel campo da calcio, sin da piccolo, con i problemi di natura fisica, l'esigenza di abbandonare l'Argentina, il lungo viaggio (che pare essere arrivato alla fine) con il Barça. Ma in quel rettangolo verde, in quei 90 minuti, in questo sport Messi non è un semplice calciatore, non è uno dei tanti, non lo sarà mai. Se il suo amico-rivale Cristiano è Ares, Dio della Guerra, Messi non può che essere Apollo, Dio del Sole, della Musica, della Poesia (per l'appunto). E come Febo, nell'Olimpo, così Lionel Andres ha ammaliato con le sue maestranze l'arena blaugrana sin da subito, con quel gol al Getafe, nel 2007, molto simile al suo padre calcistico, il suo Zeus sportivo Diego Armando Maradona; quella progressione, quel tocco di palla, quelle movenze non erano altro che anticipazione delle Sinfonie che avrebbero lasciato a bocca aperta tutto il Vecchio Continente. La prima Champions, vinta a Roma contro lo United di CR7, rappresenta la Serenata in Sol maggiore, di tal Wolfgang Amadeus Mozart, il primo grande lascito al grande pubblico. Messi è Poesia in movimento, il suo modo di entrare nelle partite rimarrà nella Storia, deforma il tempo e lo spazio intorno a lui, riesce a divenire anche col niente addosso, parte da zero per arrivare al numero che porta sulla schiena e questo non potrà mai essere sostituito, lui sarà sempre questo. La Poesia continua, cambia forma, evolve col passare di ere, pensieri e, nel caso di questa disciplina, di mode, ma non muore mai se ce l'hai addosso. Così Messi vince e incanta, segnando la sua ultima grande conquista collettiva nel 2015, quando stende il Bayern Monaco con due gol da capogiro; ma è l'esultanza a lasciare forse il messaggio più bello, questa qui...

Ecco, in quel preciso momento il Camp Nou, i tifosi spagnoli (anche quelli tedeschi), in generale chiunque avesse la televisione accesa sulla partita si è reso conto di quanto il divino possa entrare a far parte del mondo del calcio; quell'esultanza trascendeva quello che accade/accadeva/sarebbe accaduto in quel match, quell'esultanza era l'estasi mistica, l'apoteosi dello spettacolo, l'unione di sensi e percezioni da favola. La verità è che Messi, dal 2005 ad oggi non ha mai smesso di essere meraviglia, non può non fare tutto questo, non può non essere il Diez, la Magia pura; troppe volte è stato accusato di non essere granchè al di fuori della casa catalana, di non aver inciso in Argentina, di non essere completo e Leo ha sempre risposto, senza tanti proclami, senza neanche fare tanto rumore, perchè quel vuoto, quel silenzio se lo porterà dentro per sempre, mandando però in delirio gli appassionati di pallone, senza distinzioni di squadre o di nazionalità. E anche adesso, che sembra voler portare a termine il suo matrimonio con il Barçelona, per la poca competitività della squadra, per dei progetti tecnici sbagliati, per incomprensioni di mercato, riesce a riempire l'animo e il cuore ad ogni spettatore, ad ogni paio di occhi; perchè Messi rimane Messi, perchè Messi è "l'amor che move il cielo e le altre stelle", per citare Dante; può vincere o perdere con la squadra che ha intorno ma la sua bravura, il suo talento, la sua forza non si arresterà mai. Come quel calcio di punizione battuto contro il Liverpool, quasi 2 anni fa, in casa; una traiettoria da brividi, come Michelangelo che da l'ultimo colpo di pennello alla Cappella Sistina, che però non è servita ad evitare la debacle europea. Tutto questo è Messi. O, se preferite, Apollo in scarpe da calcio.

EPILOGO: IL DIVINO NON MUORE.

Questo non è il richiamo al "nostro" calcio ormai vecchio, che deve giustamente far spazio a nuove stelle, a nuove idee, a nuovi campioni; non è neanche una critica a chi di queste nuove stelle parla bene, il merito non è mai un difetto e va sempre sottolineato; questo è il nostro umile modo di ricordare a tutti che alla fine del XXI secolo questi due Signori saranno ricordati, senza se e senza ma, come Divinità calcistiche. Non ha alcun senso demolirli ora, non ha alcun senso declassarli, non sono e non saranno mai semplici giocatori perchè Cristiano Ronaldo e Lionel Messi rappresentano il Calcio, sotto ogni punto di vista, senza bisogno di preferirne uno rispetto all'altro, senza stare a dibattere su chi sia il GOAT: lo sono entrambi. Per numeri, vittorie, trofei, goal, emozioni, sono i due giocatori migliori che il Mondo abbia mai visto. Magari arriveranno altri che avranno grandi doti, magari ci sono già, ma è bene sapere che "i doni degli dei nessuno può sceglierseli", i talenti celesti appartengono all'Olimpo e rimarranno li.


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