ANTONIO CONTE: L'ORA PIU' BUIA
Capita a volte, nella vita di ognuno di noi, di essere convinti di un pensiero, di un'azione, di qualcosa a tal punto da sacrificare tutto, fisicamente e mentalmente, pur di "glorificare" quella cosa. Non sempre però è la strada giusta, non sempre la nostra testa intraprende la strada migliore, o meglio, non sempre si percepisce se è giusto andare avanti o cambiare sentiero. In quattro righe abbiamo elaborato una descrizione che segna il territorio calcistico ( positivamente e negativamente) di Antonio Conte, uno degli allenatori più discussi nel nostro campionato, da sempre.
IL RITORNO DA "AVVERSARIO"- IL PRIMO ANNO
Onestà intellettuale vuole che, prima di arringare il "J'accuse" al tecnico interista, si passi in rassegna all'edizione scorsa del campionato, per trarre un indizio, non una prassi; perché vincere non è mai normale, come sentenzia lo stesso Conte.
Un'Inter pragmatica - al netto delle polemiche "giochiste" con cui si tira in ballo
il contropiede come offesa e il possesso palla come Paradiso - che, nonostante
le sbavature di fine anno, si è classificata seconda, ad un punto dalla Juventus di Sarri e che poteva, con qualche pareggio in meno, forse, ambire allo scudetto.
Come ben sappiamo, però, l'estate è stata turbolenta, sia per le discussioni a fine stagione passata, sia per gli acquisti per la stagione attuale, che piazzavano la Beneamata in testa alla lotta scudetto, o alla pari dei bianconeri del neo-mister Pirlo, alla guida di una Ferrari ma - si diceva - non in grado di farla andare forte.
P.S. Anche una finale di Europa League, dopo un girone di Champions da rimpianti.
IL SECONDO ANNO: INIZIO IN SALITA
Se nel Conte-1 all'Inter si è dato grande merito e spazio al tecnico ex-Chelsea, al secondo giro di giostra la società ha regalato al mister grandi giocatori, tra gli altri Kolarov, il pupillo Vidal e la freccia Hakimi, ha mandato via gli esuberi che non rientravano nel progetto e ha di fatto impostato la seconda stagione del nuovo progetto lanciando la sfida-Scudetto e cercando di migliorare le prestazioni europee. Eppure, in questi due mesi, sia in Serie A che in Champions League, i risultati e le prestazioni non sono state quelle che ci si aspettavano, soprattutto per tre aspetti, oramai sotto gli occhi di tutti.
DIFESA FRAGILE: incredibilmente, la squadra non riesce quasi mai ad uscire dal campo con il clean sheet, spesso si trova in difficoltà con avversari non così ostici e la costruzione dal basso, insieme alla riaggressione - due principi cardine della filosofia di Conte - non è stata assimilata e tra errori individuali e mancata applicazione collettiva, la situazione rischia di compromettere partite ben più importanti, quelle che potrebbero segnare una stagione intera.
CENTROCAMPO IN APNEA: Se lo scorso anno la squadra aveva carenza di centimetri e di muscoli, quest'anno la zona mediana non ha più un play (Sensi uscito dai radar) e manca di tecnica, dal momento che Eriksen è oramai al di fuori del progetto tecnico. Vidal ha portato fisicità ma alterna buone partite a grandi scivoloni e, Barella a parte, che merita ad oggi la Nazionale, non ci sono centrocampisti-goleador, la cifra stilistica della Juventus di Conte, dove segnavano in molti.
Sugli esterni, infine, se Hakimi si può considerare un Signor interprete, Perisic rappresenta un po' la stagione in corso, un ragazzo che è stato trattenuto in nerazzurro ma che non riesce ad interiorizzare a pieno il ruolo di "quinto", con letture difensive approssimative e minore pericolosità in fase d'attacco.
Sugli esterni, infine, se Hakimi si può considerare un Signor interprete, Perisic rappresenta un po' la stagione in corso, un ragazzo che è stato trattenuto in nerazzurro ma che non riesce ad interiorizzare a pieno il ruolo di "quinto", con letture difensive approssimative e minore pericolosità in fase d'attacco.
ATTACCO SALVAVITA: Deriva da ciò non solo la difficolta nel gestire la fase difensiva, anche per errori di singoli, ma anche la pochezza di un attacco sorretto dai gol e le giocate del Magic Duo Lu-La, che non possono "rifiatare" mezza partita, proprio perché sono il salvavita di una squadra che altrimenti farebbe fatica a sbloccare determinati match.
DIAGNOSI FINALE: POSSIBILE SVOLTA O FALLIMENTO CONTE?
Non è giusto, alla sesta di campionato, trarre conclusioni affrettate da situazioni che possono evolvere e cambiare nel giro di 90 minuti. Possiamo però capire ciò che non sta girando, analizzarlo e mettere insieme i pezzi, che portano tutti ad Antonio Conte, che rappresenta, da oramai due anni, nel bene o nel male, il condottiero di questa squadra. La prima analisi che possiamo fare riguarda la mentalità della rosa, forgiata a sua immagine e somiglianza nel primo anno ma che adesso sta riscontrando problemi. "La sua Juve aveva Pirlo" dirà qualcuno, uno spunto interessante, soprattutto per la poca tecnica nella mediana nerazzurra. "Il 3-5-2 non ti porta lontano" urleranno altri, argomento discutibile, anche se le ultime partite non possono che sollevare dubbi, sia sulla tenuta difensiva non più così ferrea che sulla poca qualità offensiva, come è stato già detto. Ma probabilmente nessuno, nemmeno i tifosi interisti, si sono resi conto di qualcosa che va considerato, senza se e senza ma: per la prima volta, nel giro di 10 anni oramai, Antonio Conte allena una squadra di TOP PLAYER. Intendiamoci, non si sta parlando di una Juve da ricostruire, di una Nazionale umile o di un Chelsea sabotato. Si sta parlando di un'Inter che ha ingranato la marcia superiore, che aspira a dominare e che ha dalla sua giocatori ben diversi dalle esperienze passate del mister. La passione del primo anno si è trasformata in aspettativa del secondo e questo fa la differenza, sia dal punto di vista tecnico che da quello mentale. Ne è testimonianza la sconfitta con il Milan, una squadra sulla carta inferiore ma che gioca con più spensieratezza e con un piglio diverso rispetto alla sponda nerazzurra di Milano. Ciononostante, per il principio di onestà intellettuale, dobbiamo riconoscere la mancata capacità di Conte nel gestire, in questo secondo anno di Inter, le situazioni che si creano nella partita, una pecca caratteristica della mentalità contiana, che prevede un unico spartito e che del bluff non sa cosa farsene.
Non sappiamo se Conte è un gran giocatore di poker, possiamo constatare che la lunghezza della rosa sia limitante per lui, non lo convince: prendere o lasciare.
La stagione è appena iniziata e questa squadra ha potenzialità infinite, anche se fino ad ora inespresse. Conte, ora, si trova solo, nell'ora più buia, nel primo vero momento di difficoltà in questa nuova avventura e deve, forse, per una volta, dimostrare le sue capacità gestionali, oltre che quelle (già note) tecniche.
Un cambio di modulo salverà l'Inter? Probabilmente, oppure no. Ciò che occorre adesso è il manico di uno dei tecnici migliori del mondo che deve tornare in sella e riprendere a correre, come forse nessuno come lui sa fare, verso il successo.
"Per avere qualcosa che non hai devi fare qualcosa che non hai mai fatto".
L'ora più buia forse, può cambiare la vista dell'allenatore nerazzurro ed elevarlo verso il gotha dei migliori (come Allegri nel secondo anno di Juve) o può farlo sprofondare, da primo della classe, con tutte le sue certezze.
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